Musica, profumi e sinestesia...
Molti di voi avranno sicuramente notato che il lessico olfattivo prende a prestito molti vocaboli da quelli della musica - si parla di accordi, di note e spesso si amplia la gamma dei colori - visivi o armonici - che un materiale può visualizzare.
Anche se questo può sorprendere quelli di noi il cui “tono” non è assoluto - un altro termine musicale di cui la profumeria si è appropriata - dobbiamo affrontare il fatto che non esiste ancora un linguaggio dell'olfatto, nessuna parola sufficientemente precisa per trascrivere la totalità delle emozioni che i nostri stimoli olfattivi evocano.
Questa constatazione, di una sinestesia frustrata dalla mancanza di parole per esprimerla, non mancò di colpire Septimus Piesse, famoso profumiere inglese dell'Ottocento che, nel tentativo di sopperire a questa mancanza, diede vita ad una scala musicale dei profumi.
Questo studio, comunemente noto come ottofono o odofono, è stato il primo tentativo concreto di conciliare due sensi a cui la ragione si era precedentemente opposta.
In effetti, dall'età dell'Illuminismo, l'olfatto era stato percepito come un senso umile e legato agli animali. Fénelon, nella sua opera "Voyage supposé...", fu il primo ad accoppiare intellettualmente l'olfatto con l'udito, considerato all'epoca più nobile, affinché il primo potesse beneficiare della buona reputazione del secondo. Questo libro, dopo una lunga scena in cui l'eroe viene nutrito con "tuberose" e "pelli spagnole", descrive i nativi di un'isola che "assemblano odori come noi combiniamo i suoni".
Nonostante ciò, solo nel XIX secolo l'olfatto avrebbe trovato posto accanto ai suoi compagni ritenuti più degni di nota, ovvero quando il profumo iniziò a crescere come forma d'arte a sè stante. Sembrava davvero una boccata d'aria fresca in un momento in cui l'arte si stava reinventando. Implodevano forme poetiche, rime e prosa. Il surrealismo e il simbolismo stavano emergendo in risposta al naturalismo e al realismo, ma il profumo, in quanto indescrivibile, sfuggiva ai codici della scultura, della pittura, della poesia, della letteratura e persino della musica.
Sottile e intangibile, rimase il territorio inesplorato della teoria dell'arte.
All'inizio del secolo, Sénancourt portò con discrezione l'olfatto nel pantheon dei “nobili sensi” teorizzando una sinestesia totale che legava la musica agli odori. “La melodia” disse “può scaturire anche da una serie di odori”. Seguì un secolo di tentativi più o meno riusciti di legare musica e profumo, compreso l'odofono di Piesse.
Sebbene aneddotica e senza alcuna base critica a sostegno, questa scala musicolfattiva avrebbe suscitato molto scalpore nel mondo letterario.
Viene subito in mente Huysmans. Pieno di sinfonie olfattive, accordi, armonie e intervalli, la sua famosa opera “A Rebours” avrebbe posto le basi del nostro linguaggio olfattivo contemporaneo. Possiamo anche pensare a Kurt Lasswitz che in “Pictures of the Future” cita un Ododion, strumento simile a un organo che, suonato, rilasciava profumi invece di suoni. Lundin ne fece persino l'argomento principale di una novella intitolata “Oxygen and Aromasia”.
E’ interessante il fatto che entro la fine del secolo questi sogni teorici sarebbero diventati reali, in una certa misura. Nel 1891 il regista teatrale Paul Roinard presenta il “Cantico dei Cantici”, primo tentativo di drammaturgia sinestetica. Ogni parola viene associata a un odore e a un suono, ma i critici rimangono piuttosto indifferenti. Più tardi, nel 1915, Scriabine avrebbe anche provato una drammaturgia sinestetica diffondendo profumi durante la prima di “Promethée”, eppure i critici sono ancora irremovibili.
Il 20° secolo non è stato a corto di tali tentativi. Nel 1926 Poiret fa costruire un organo profumato, che riproduce sia i profumi che i suoni. Parlando della musica di Grieg, Debussy cita un “oboe agrumato”, dimostrando che i profumi sono più facilmente associati ai suoni che ai colori e che è più semplice realizzare un profumo su scala diatonica che sulla tela di un pittore.
È così che Gérald Ghislain ha creato la Collezione Opera, una linea di fragranze ispirata alle sue opere preferite.
Nel profumo 1831, la sacerdotessa Norma è estasiata da un accordo solenne di aldeidi, pepe rosa e gelsomino riscaldati da rosa e ylang-ylang. Nella Fragranza1875, i ritmi infuocati della Carmen di Bizet sono costruiti su nuance calde e colorate di zenzero, legno di guaiaco, davana e legno di sandalo. In 1890, la Russia zarista risplende attraverso una miscela regale di labdano, rose rosse e incenso. E, 1904 esprime la dolce bellezza dei dipinti fiorentini attraverso un cuore di burro di iris e neroli. Infine 1926 rende omaggio alla modernità esotica di Turandot con un duetto di narcisi e garofani.
La vera armonia però, quella che conta davvero, è quella che canterà sulla tua pelle.