Correre via, insieme in Calabria
Per questa nuova puntata, Histoires de Parfums ha scelto di riprodurre le lettere di fantasia di veri innamorati. Nei testi si legge di paesaggi dove storia e profumo non sono mai troppo distanti...
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8 luglio 2021
Reggio Calabria
Gioia mia,
Ieri siamo ripartiti alla volta della finis terrae, verso l’estremità d’Italia tra Scilla e Cariddi, in prossimità della roccia dove si incontrano Europa e Africa, l'antica Roma e l'antica Grecia e tutte le civiltà del Mediterraneo - destinazione Reggio Calabria, l'ultimo soggiorno del nostro viaggio italiano. Poi salperemo e ci incontreremo in mare.
Quanto tempo è passato da quando ci siamo separati all'ombra delle Dolomiti? Se il mio conteggio è corretto dalla tua ultima lettera, dovresti ora scorgere la costa croata e presto la Perla dell'Adriatico. Allora salperai e ci incrocerai in mare.
Era il nostro ultimo giorno di guida prima di raggiungere Reggio e l'Aspromonte bloccava impassibile la strada verso la nostra meta. Dopo aver superato il Pollino e le sue vette mozzafiato, dopo aver attraversato Serra soffocando tra boschi fitti e impenetrabili, dopo aver percorso La Sila e i suoi venerabili altipiani granitici dove non vive altro che una natura incantevole scaldata dal sole della vicina Sicilia, c'era ancora l'Aspromonte - in piedi orgoglioso e in piedi nonostante i suoi millenni - le sue scogliere frastagliate che si tuffano direttamente nel turchese dei tre mari. Lui, testimone di secoli, porto dei mafiosi, lui le cui rocce arrossiscono per il caldo e per il sangue versato per le vendette, ci guardava ancora con tutta la sua forza calabrese.
Era la Calabria.
Partimmo la notte, prima che tornasse il sole, all’ora in cui l'estate non è ancora insopportabile, quando l'erba spande un profumo verde sotto i rami dei faggi e degli ulivi, all'ora silenziosa in cui l'Italia dorme ancora sotto lo sguardo benevolo dei pastori che pascolano le loro greggi nelle valli. Eravamo due luci, due fari che guidavano nella notte, la notte senza tempo che custodisce silenziosamente il ricordo di chi è stato zittito, due fari che non sono niente contro la notte italiana che non ci vuole disturbare. La luna nascondeva la sua luce, l'alba ritardava i suoi colori e noi sfrecciavamo lungo le strade tortuose senza vedere altro che i cespugli e i boschetti attraverso i quali passavamo, guidando sempre più in salita finché non ci chiedevamo se quel tragitto non andasse dritto in paradiso - gli italiani hanno sempre avuto una via segreta per raggiungere il cuore di Dio.
Ci stavamo ancora inerpicando quando apparve il mattino, poi mezzogiorno; superammo un passo, poi un altro, poi improvvisamente il cielo si squarciò e rivelò il mare sottostante, ai lati della nostra macchina. Pendii di erba secca, valli di foglie gialle, frutteti fruscianti con l'aria ozonica proveniente da nord e da sud, e sempre questo paesaggio simile alla Provenza dei pastori, dove c'è tanta acqua quanto c'è roccia, dove c'è tanto rosso come c'è il blu e dove si fondono gli stessi azzurri, quelli del cielo e quelli del mare. La Calabria si è serenamente svelata, mostrando qua e là la sua morbidezza e tutto il suo calore, mentre davanti a noi l'Aspromonte, come un colosso arrugginito dall'oro del mezzogiorno e con qualche nuvola strappata ai fianchi, gettava un'ombra sull’orizzonte con le sue spalle robuste.
Facemmo il giro.
Dovevamo tornare sulla Terra.
Scendemmo veloci lungo i fianchi della montagna verso la costa, che qui è una sottile striscia di terra incuneata tra la montagna stessa e il Mar Ionio. Ci sentimmo così piccoli, schiacciati dal caldo afoso del deserto, seppur lontano, abitati dal silenzio di una natura sognante, intimoriti dalla violenza di queste scogliere che si confondono nella schiuma del Mare Nostrum, da questo immenso azzurro dove si sprofonda, da questo cielo infinitamente trasparente, dall'Italia che si rimpiccioliva dietro di noi e dalla Magna Grecia che sorgeva davanti a noi.
Kalon Brion, la terra dove nasce la bontà. Così chiamarono questo paese i greci quando sbarcarono nell'VIII secolo, perché i suoi pendii erano più fertili dei loro e il vino sempre migliore. Mentre guidavamo scoprimmo file di chiese bizantine, gli austeri campanili dei cattolici qui lasciavano il posto alla rotondità delle cupole orientali, le pietre erano imbiancate a calce e, come in Grecia, i villaggi si aggrappavano alle scogliere come sciami di santità dove monaci e contadini vivevano insieme.
Non c’erano più foreste qui. Solo frutteti a perdita d'occhio, con alberi di bergamotto a fiore bianco e frutti maturi e amari che le donne pressavano ancora su una spugna per estrarne l'olio profumato. Abbassai il finestrino e mi riempii i polmoni del profumo degli agrumi salati, dei fiori appassiti per un sole troppo caldo, delle foglie gonfie di linfa e della terra calda. Per diverse decine di chilometri non vedemmo altro che vigneti e filari di agrumi e qualche prato costellato di rovine normanne e angioine, longobarde e lucane, greche e romane, saracene e aragonesi: la Calabria è un'isola.
Mi fermai in uno dei frutteti lungo la strada. Scesi dalla macchina e stavo cogliendo un bergamotto quando un uomo mi urlò in calabrese, il dialetto greco che parlavano ancora qui. Si chiamava Gian Franco e mi raccontò la storia del bergamotto, concludendo che nessuno sa da dove provenisse e perché crescesse qui.
Perché non cresce in nessun'altra parte del mondo se non qui.
È l'oro verde della Calabria. Questo frutto piccante e amaro, fin dal XVIII secolo, ha reso famosi questi artigiani: i Gian Franco e molti altri, le donne che lo schiacciano su una spugna e le enormi "pelatrici", macchine che sbucciano la scorza dal bergamotto per estrarne l'essenza.
Questo è il dono degli dèi ai discendenti dei Greci e dei Troiani che ancora chiamano la loro terra "la terra dove nasce il bene".
Avresti dovuto vedere il sorriso di Gian Franco quando ha raschiato la scorza del bergamotto che avevo colto e ha annusato l'olio sulle sue dita. Non potendolo disegnare per te - perché sai quanto sono incapace a farlo - ti mando alcune gocce di questo olio fresco e corroborante, delizioso e agrumato, piccante e fresco, quasi floreale. Possa far sorridere anche te.
Ti racconterò un'altra volta di Reggio Calabria e delle altre meravigliose cittadine che cospargono la campagna calabrese. Devi sapere che ce l'abbiamo fatta quel giorno ad arrivare dall'altra parte dell'Aspromonte. Mentre scrivo queste righe siamo finalmente in procinto di salpare.
Quindi ci rivedremo presto.
In mare...
E.